LA CORTE DI APPELLO

    Ha pronunciato la seguente ordinanza.
    Rilevato  che  il  procuratore generale ha sollevato questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge 20 febbraio 2006,
n. 46 per violazione degli artt. 111 e 112 della Carta costituzionale
nonche' del principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 della Carta
stessa;
    Ritenuto  che  il  presente  giudizio  non  possa essere definito
indipendentemente  dalla risoluzione della questione cosi' sollevata,
essendo l'imputato stato assolto in primo grado di modo che l'appello
proposto  dal p.g. in base alla normativa contestata, dovrebbe essere
dichiarato inammissibile.
    Ritenuto che il procuratore generale ha rilevato:
        che,  sotto il primo profilo, l'inappellabilita' da parte del
p.m.  delle  pronunce  di proscioglimento adottate in primo grado non
pare  conforme  alla  previsione  di  parita'  delle  parti di cui al
richiamato  art. 111,  comma  secondo  della Costituzione e che a tal
fine  non puo' opporsi che analoga inappellabilita' e' prevista anche
per   l'imputato   posta   l'intuitiva  differenza  delle  rispettive
posizioni rispetto ad una pronuncia di proscioglimento;
        ancora  che appare evidente la violazione dell'art. 112 della
Costituzione  considerato  che nell'esercizio dell'azione penale deve
ritenersi   compresa  la  possibilita'  di  coltivare  la  stessa  in
posizione di parita' fino all'esito definitivo del giudizio;
        ancora  che  la normativa in esame appare in contrasto con la
razionale  necessita'  di riformare una pronuncia giurisdizionale, di
primo  grado  che  -  per  i  motivi  e le contingenze piu' disparate
attinenti  al  giudice  ed  alla  sua  attivita' - possa cadere nella
patologia della giurisdizione, per cui impedire per legge al pubblico
ministero - organo di giustizia - di cercare anche mediante l'appello
di  correggere,  pure  quando  si  tratti  di  rivalutare le medesime
risultanze  processuali, un evidente errore valutativo del giudice di
merito o di rimuovere una decisione ingiusta non puo' che significare
porre   irragionevolmente   un   ostacolo  a  che  l'esercizio  della
giurisdizione  tenda  effettivamente  a  realizzare  le  esigenze  di
giustizia;
    Ritenuta   la   questione   cosi'  sollevata  non  manifestamente
infondata  ; considerando anche che - per ritenere il contrario - non
varrebbe rilevare che il principio di parita' tra accusa e difesa non
implica  assoluta  identita' dei poteri delle parti, posto che con la
normativa  impugnata  viene  ad  essere  eliminata  non una qualsiasi
facolta'  del  p.m.  ma il potere stesso di proseguire nell'esercizio
dell'azione penale,